Ungaretti, Rogers e la spinta interiore
Alle volte ci capita di sentirci in difficoltà, senza speranza e travolti dalla vita, quando questo accade è bene ricordarsi che c'è una forza in noi pronta a soccorrerci e a spingerci fuori dal pantano in cui ci troviamo.
Questo concetto è stato, ed è tutt'oggi, alla base della vocazione poetica di tanti autori, il manifesto a questa spinta che maggiormente preferisco è la poesia "Veglia" di G. Ungaretti.
(La riporto come in origine, rispettando le caratteristiche dell’ ermetismo)
"VEGLIA" DI G.UNGARETTI : TESTO

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Parafrasandola, Ungaretti raccontava della sua vigilanza forzata accanto al cadavere di un compagno durante il primo conflitto mondiale, al quale il poeta aveva partecipato.
Attraverso l’osservazione dei tratti del compagno massacrato, il poeta entrò in contatto con la morte, distesa proprio lì accanto a lui.
Solo dopo questo contatto che portava con se la follia della guerra, l’atrocità del momento e la fragilità dell'esistenza umana, la sua attenzione si rivolse alla luna che gli trasmise pace e serenità.
Iniziò nel poeta un netto contrasto tra la vita e la morte, tra la scena atroce che stava vivendo e la spinta interiore alla vita.
Dopo aver osservato le mani del compagno congestionate di sangue, il poeta si contrappose totalmente alla morte opponendogli la vita e lo fece attraverso la scrittura.
La scrittura divenne il mezzo per recuperare l’ attaccamento alla vita, l’amore, gli affetti e reagire alla disperazione, il poeta dopo il silenzio (evidenziato dagli spazi vuoti) concluse dicendo :”Non sono mai stato tanto attaccato alla vita”.
Tornando a noi, credo che questa poesia, se pur macabra, sia fortemente rassicurante, come lo è il tema centrale del pensiero rogersiano.
C. Rogers psicologo umanista statunitense, fondatore della terapia non direttiva, un bel giorno, forse casualmente, osservò le patate nella credenza buia di casa sua.
Egli notò che nonostante mancasse loro la terra, l’acqua e la luce per poter crescere come le piante, i tuberi avevano ugualmente dei germogli.
Dunque queste patate oltre all’auto-conservazione sviluppavano, se pur in circostanze proibitive, una spinta allo sviluppo e alla crescita.
Questa acuta osservazione influenzò ancor più la vita e gli studi di C. Rogers, egli sosteneva che identica cosa avveniva e avviene nelle persone; ossia in momenti difficili o addirittura in circostanze proibitive, il nostro organismo (in tutte le sue aree) si comporta esattamente come le patate nella credenza.
Oggi uno degli assiomi negli studi umanistici è che : Qualunque sia la condizione che stiamo vivendo, il nostro organismo, non solo si organizza a livello fisiologico e di percezione per tenerci in vita, ma tende sempre al miglior sviluppo raggiungibile in quel momento.
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